Andrea Mariani | Barbara Desiante
Cinema, storia, media
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[appunti di ricerca] Fujifilm Quicksnap 400 Jeans

(Un)Dead Media Project
Articolo a cura di Barbara Desiante


PARTE 1

La Fujifilm Quicksnap 400 Jeans è una fotocamera monouso con 27 scatti a disposizione e flash (con shooting range di 10 ft, circa tre metri).

Il valore ISO massimo è 400: la lunghezza focale dell’obiettivo è 32 mm, l’apertura dell’otturatore f/10: la distanza minima per la messa a fuoco è 3.3, circa un metro. La pellicola è una 35 mm, con tempo di esposizione minimo a 1/125 sec.
Le impostazioni sono automatiche: tutto ciò che dobbiamo fare noi è sbirciare nel mirino per inquadrare un pezzo di mondo, girare la rotellina per avvolgere la pellicola, e scattare. Sviluppate le fotografie dopo aver finito il numero di esposizioni, o superata la data di scadenza del rullino indicata sulla confezione, dovremo poi disfarci del prodotto.

Il suo costo, alla data di uscita di circa 4$, si aggira ora (online) intorno ai 9€. Elogiata per il suo Finder di alta qualità e per l’assenza di ritardo nel flash, questa macchina fotografica, piccola, compatta, leggera e reperibile quasi ovunque, ha consentito per la prima volta a tutti di poter avere dei ricordi materiali delle proprie vacanze senza dover per forza investire in una reflex.

 

 

La storia delle macchine usa e getta risale al 1986, quando Fujifilm lancia sul mercato la Fujicolor Quicksnap: “negli anni ’80”, racconta l’azienda sul suo sito, “anche una fotocamera compatta e relativamente economica costava 40,000¥ (circa 240$) o più”; questo soprattutto per la quantità di componenti e la complessità del loro assemblaggio. “Il 70% dei consumatori”, continua l’articolo, “provò ad un certo punto la frustrazione di aver mancato uno scatto importante perché non avevano una fotocamera con sé”; ora invece l’utente medio aveva la possibilità di scattare in tutta libertà delle fotografie qualitativamente buone in modo facile e veloce.
Infatti, la riduzione dei costi non comporta, per l’azienda, una compromissione della performance del dispositivo.

Il concept della Quicksnap è radicale, e il sito di Fujifilm lo riassume con la formula “lens with a film”; questi i due punti cardine dell’apparecchio, avvolto poi in plastica e carta. Questi materiali venivano poi smaltiti e riciclati attraverso un sistema che faceva capo al marchio stesso. L’azienda apporta poi dei miglioramenti al prodotto, creandone differenti modelli. Le vendite furono da subito altissime: questa fotocamera cambiò in modo incisivio la maniera in cui le persone si rapportavano non solo alla fotografia, ma anche alla realtà stessa: il mondo era ora a portata di scatto.

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PARTE 2


Film with a lens, questo lo slogan con cui la Fujicolor Quicksnap fu lanciata sul mercato nel 1986. Il motto rimarca il concept da cui la fotocamera è nata, ma anche la semplicità delle componenti, che si ripercuote poi nella facilità d’uso, e ha echi di un’altra famosa pubblicità – quella della Kodak Eastman – che recitava “You press the button, we do the rest”. Il principio è fondamentalmente lo stesso: la fotocamera è completamente automatica, l’unico movimento che ci rapporta ad essa è la rotellina che fa avanzare la pellicola e il pulsante di scatto. Questa stessa gestualità, tipica della fotografia analogica, è stata lungamente mitizzata: il clic è in sé qualcosa di iconico e che ci riporta subito dietro l’obiettivo. Certo, qui il rumore è particolare: stiamo premendo plastica, e non metallo. Il materiale ha un ruolo decisivo per definire i punti di forza di questa macchina fotografica: il prezzo, la dimensione, il peso e la disponibilità.

Sul sito di Fujifilm il sottotitolo recita “A world in which everyone can enjoy photography!, e questo everyone include davvero chiunque. Il prezzo, di appena 4$, rende la Quicksnap un prodotto accessibile a qualsiasi classe sociale; unito al materiale, non di lusso, permette di poterla usare anche ai bambini che amano documentare le proprie gite scolastiche, ma che rischierebbero di rovinare l’intoccabile ‘macchina fotografica del nonno’. Tutti la possono usare perché è maneggevole e autoesplicativa: sul retro troviamo le istruzioni, ma non abbiamo nemmeno bisogno di andare a rileggerle; in realtà, serve a malapena essere alfabetizzati. Il ruolo più attivo che abbiamo, in fondo, oltre a fare la nostre fotografie, è quello di portarle da un fotografo a farle sviluppare.
E ancora, tutti possono accederle perché anche laddove non si è potuto portare con sé una macchina fotografica dispendiosa e professionale, basta fare un giro in un supermercato per prenderne un paio e non buttare nel dimenticatoio una piacevole vacanza, che andrà sicuramente a coprire interi album di famiglia da sfogliare in occasioni speciali. Il viaggio è l’occasione perfetta per la Quicksnap, anche perché riduce al minimo il peso e lo spazio di corpi macchina e obiettivi: grande poco meno di una mano, è leggera e la si può infilare in un taschino.
Anche la Kodak punta a questo per la campagna pubblicitaria delle sue macchine monouso, recitando “This picture was taken by someone who didn’t bring their camera”. Il design, in particolare, della Fujifilm Quicksnap 400 Jeans, la rende appetibile a un pubblico giovane, confermandosi vicina alle sue esigenze e sensibile alle sue mode. 

Il grande contesto in cui s’inserisce la tradizione dell’usa e getta è quello del consumismo. Dalle batterie ai rasoi – le lamette Gillette a inizio Novecento sono probabilmente tra i primi articoli monouso che hanno avuto più successo − , dalle forchette in plastica alla carta, molti oggetti di cui ci disfiamo dopo un solo uso sono ancora presenti nella nostra società, e se spesso ci lamentiamo che i nostri dispositivi elettronici ed elettrodomestici, in cui abbiamo investito con tanto impegno, si rompono facilmente, è proprio quella la radice che andiamo a intaccare. Sanità, economicità e praticità sono le caratteristiche principali di questi prodotti. Il problema è tuttavia lo smaltimento dei materiali, a cui Fujifilm ha pensato creando un suo sistema di riciclaggio delle fotocamere.

Certo, al giorno d’oggi, in un’epoca in cui gli smartphone stanno cercando pian piano di soppiantare persino le capacità di una reflex, non è così facile trovare un posto per le fotocamere usa e getta. C’è però qualcosa nella grana − low-quality rispetto al numero di megapixel verso cui stiamo andando – che ancora colpisce alcuni appassionati, magari un po’ nostalgici. D’altronde, è anche la limitazione sul numero di scatti che ci permette di concentrarci meglio su ciò che vogliamo inquadrare e su come vogliamo farlo. Le seconde possibilità sono rare; questo rende le foto più veritiere ancora, più spontanee, a volte più incerte, ma non per questo meno apprezzabili. Scattare con uno di questi oggetti riporta a una certa idea di innocenza, purezza, che  nel Nocevento inverte anche la direzione di altri movimenti artistici nel quadro delle Avanguardie storiche. Alcuni video di esperimenti sociali ci aiutano a ragionare anche su questi concetti: