Andrea Mariani | macchina fotografica
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[appunti di ricerca] Pentax PC-313

(Un)Dead Media Project
Articolo a cura di Monica Vitulo



PARTE 1

INTRODUZIONE

Ho deciso di utilizzare la macchina fotografica PENTAX- 313 perché la utilizzò fin da quando ero bambina quindi è un oggetto a cui sono molto affezionata.
In seguito riporto delle informazioni storiche dell’oggetto:
Il PC-313 è un punto di messa a fuoco automatico da 35 mm e scatta una fotocamera compatta di Pentax; è degli anni 90.
Fa parte della serie di PC Pentax di fotocamere.
Usa un obiettivo da 3 mm 35 mm, f / 4,5. La messa a fuoco è automatica utilizzando un sistema di tipo a infrarossi. La distanza minima di messa a fuoco è 1,2 m.

Il flash incorporato ha una GN di 10 con un tempo di ricarica di 6 secondi. Il trasporto del film è motorizzato e fa avanzare automaticamente il film. È compatibile con film 100, 200 e 400 ISO. L’alimentazione proviene da due batterie AA.
1951-1957: Le origini di un mito

I progettisti iniziarono la ricerca e lo sviluppo nel 1950 e alla fine del 1951 era pronto il prototipo di una reflex monobiettivo 35mm. Il vetro smerigliato forniva un’immagine brillante e diritta ma invertita da destra a sinistra; ciò poteva essere accettabile per riprese orizzontali, ma inquadrare in verticale era difficile: per questa ragione venne aggiunto un piccolo mirino ottico a fianco di quello a pozzetto. Il primo esemplare di produzione della Asahiflex uscì dalle linee il 26 ottobre 1951 e di conseguenza adottò il numero di matricola 26101, ma l’Asahiflex I fu posta in vendita al pubblico solo nel maggio 1952. La Asahiflex fu la prima reflex monobiettivo 35mm giapponese.
Asahiflex I (1951)
La Asahi Optical Co. voleva realizzare una fotocamera fornita di tempi lenti, ma mancava un adeguato sistema di ritorno rapido dello specchio a velocità più lente di 1/20 di secondo. All’inizio del 1954 furono tentati vari esperimenti insoddisfacenti, poi finalmente il problema fu risolto da Nobuyuki Yoshida. Quando lo specchio si sollevava e raggiungeva la posizione superiore azionando l’otturatore, era tenuto in posizione dall’azione di una molla; quando la seconda tendina dell’otturatore completava il proprio movimento, veniva meno la pressione sulla molla e questo permetteva il ritorno dello specchio in posizione di visione. Il nuovo specchio a ritorno istantaneo fu collaudato e si dimostrò molto affidabile. Con la Asahiflex IIB era iniziata l’epoca della reflex con specchio a ritorno istantaneo.
Asahiflex IIB (1953) – foto: cortesia AOHC
Nel 1957 la Asahi Optical Co. segnò un altro successo con l’introduzione di una reflex finalmente completa di un pentaprisma fisso che dava una immagine brillante sullo schermo di focheggiatura ed correttamente orientata sia nel senso alto-basso che in quello destra-sinistra. La nuova fotocamera venne denominata Asahi (nome del fabbricante) Pentax (denominazione del modello). A confronto con le altre reflex del periodo, la Asahi Pentax era più pratica nell’uso, più compatta e più elegante, un mix che da allora contraddistingue le reflex PENTAX.
Asahi Pentax (1957) – foto: cortesia AOHC
La Asahi Pentax (oggi nota come AP) fu la prima reflex dotata di un pentaprisma fisso, leva di carica rapida e schermo di messa a fuoco con microprismi, annunciando l’alba di una nuova era fotografica; l’epoca d’oro delle fotocamere a telemetro era tramontata. Grazie alle innovazioni introdotte da Asahi (specchio a ritorno istantaneo e pentaprisma prodotto a livello industrale), la reflex 35mm aveva superato le limitazioni dei primordi e poteva far valere la sua maggiore versatilità nell’uso di obiettivi grandangolari e supertele. Buona parte del successo dei modelli Asahi Pentax si deve anche alla scelta di adottare un attacco obiettivi standard: quell’innesto a vite M42x1 che, pur nato in Germania, divenne noto come il “passo a vite PENTAX”. Da questo momento in poi, sempre più professionisti e fotoamatori si sarebbero orientati al sistema reflex.

Luogo: Giappone
Stato: Giappone
Fondazione: 1919 a Tokyo
Chiusura: 31 Marzo 2008
Sede principale: Giappone Giappone, Tokyo

Gruppo: Sussidiaria della Ricoh (dal 2011) SettoreFotografia

SettoreFotografia

Prodotti: Fotocamere ed apparecchiature fotografiche; binocoli, telescopi
Fatturato:  157,3 miliardi di yen[1] (2006)
Dipendenti: 1.661 (2005)
Slogan «Pix Your Life»

La Pentax (da PENTAprism refleX) è una delle più antiche e prestigiose aziende nel mercato della fotografia e dell’ottica. La casa fu fondata nel 1919 da Kumao Kajiwara a Tokyo. Oggi appartiene alla Ricoh, che l’ha acquisita nel 2011 dalla Hoya Corporation. Oltre alle fotocamere, produce binocoli, lenti e diversi strumenti ottici. Nel 2004 la Pentax Corporation aveva circa 1.600 dipendenti.

Pentax può essere considerata l’azienda che ha maggiormente contribuito allo sviluppo delle fotocamere reflex: a lei si devono infatti innovazioni quali lo specchio a ritorno istantaneo, la misurazione esposimetrica spot, l’esposimetro TTL, l’esposizione automatica a priorità dei diaframmi, la reflex autofocus, il trattamento antiriflesso multistrato.

Asahiflex IIb
La Asahi Kogaku Goshi Kaisha’ venne fondata nel novembre del 1919 da Kumao Kajiwara a Toshima (sobborgo di Tokyo) per la produzione di lenti da occhiali. Nel 1922 iniziava la produzione di ottiche per il cinema e solo nel 1932 con una fornitura di ottiche per la Molta Company Ltd (oggi Minolta) iniziava ad affacciarsi nel mercato della fotografia. Nel 1938 divenne la Asahi Optical Company Limited e proseguì la propria attività con forniture di ottiche per le forze armate nipponiche.
Con la fine della seconda guerra mondiale il presidente Saburo Matsumoto sull’onda dei successi delle altre case del Sol Levante (Nikon, Canon) decise di avviare un progetto per la produzione di una prima fotocamera alla Asahi Optical. I progettisti basarono il primo prototipo sulla Praktiflex, che pronto nel 1951 venne introdotto l’anno seguente nel mercato con il nome di ‘Asahiflex’. La macchina utilizzava ottiche denominate Takumar in omaggio a Takuma Kajiwara, parente del fondatore, dotate di un innesto a vite M37x1. Fu così che la Asahiflex divenne la prima reflex monobiettivo 35mm giapponese.
Nel 1953 vedeva la luce la nuova serie di Asahiflex la “II”, inoltre veniva aggiornata la linea di ottiche Takumar: la reflex Asahi riusciva a sfondare ed affermarsi come marca di successo. Nel 1954 la Asahiflex IIB introduceva lo specchio a ritorno istantaneo; il meccanismo, basato su levismi, è stato da allora utilizzato da tutti i concorrenti. Nel 1957 un altro successo commerciale avveniva con l’introduzione del pentaprisma ottico che forniva nel mirino una immagine a lati non invertiti, rendendo l’inquadratura semplice e naturale come quella delle macchine a mirino galileiano: nasceva così la marca Pentax (da PENTAprism refleX); questo modello introduceva anche la leva di carica rapida sul lato superiore destro ed i microprismi sul vetrino di messa a fuoco e può essere definita la prima SLR “moderna”, nel senso che presentava le caratteristiche che da allora in poi si sono ritrovate su tutte le fotocamere di questo tipo. Il nuovo modello aveva l’attacco degli obiettivi a vite M42x1, già utilizzato sulle fotocamere Contax e Pentacon, che diventerà uno standard. Nel 1960 veniva presentato il prototipo di una fotocamera SLR con un esposimetro che misurava la luce direttamente dall’obiettivo, la misurazione avveniva su area ristretta (spot), da qui il nome “Spot-Matic” del prototipo. L’esposimetro TTL (Through-the-lens, con il quale la misurazione della luce avviene attraverso l’obiettivo), con misurazione media sul campo inquadrato, avrebbe equipaggiato la celebre Spotmatic che fu commercializzata nel 1964 (nel frattempo – nel 1963 – la concorrente Tokyo Kogaku aveva iniziato la produzione della Topcon RE Super, dotata anch’essa di esposimetro TTL che fu così la prima reflex TTL commercializzata). Nel 1966 vennero presentati due prototipi dotati di otturatore elettronico ed esposizione automatica: la Memorica, a priorità dei tempi e la Metalica, a priorità dei diaframmi. Solo quest’ultima fu sviluppata e dette luogo alla Electro Spotmatic (Asahi Pentax ES), la prima reflex con automatismo a priorità dei diaframmi, commercializzata nel 1971, anno in cui fu lanciata la gamma degli obiettivi “SMC Takumar”, i primi obiettivi commerciali dotati di trattamento antiriflessi multistrato, frutto della collaborazione con l’azienda tedesca Carl Zeiss. Il 1969 vedeva l’introduzione della Pentax 6×7 prima fotocamera di medio formato della Asahi. Il 1975 vide l’introduzione di un nuovo attacco, detto a baionetta K sulle nuove camere chiamate “KM”, “KX” e “K2” in sostituzione dell’attacco a vite M42x1 fino ad allora utilizzato.

Nel 1976 è introdotta la reflex K1000, economica e robusta, ereditava dalle precedenti macchina della serie K la struttura massiccia del corpo, la meccanica di precisione, ad un prezzo contenuto. Uno strumento essenziale, del tutto manuale, affidabile ed economico, resterà uno dei grandi successi del marchio, in produzione per gli anni a venire, costituendo una icona della fotografia. In quello stesso anno Pentax intraprende quella che sarà la costante tendenza alla miniaturizzazione di Pentax, che all’esordio portò alla commercializzazione della serie “M”, per “miniature”, distinta inizialmente in “MX” (totalmente meccanica e di indirizzo professionale) e “ME” (elettronica e per un uso più amatoriale e istintivo). La MX riscosse un notevole successo come modello professionale di dimensioni ridotte e peso contenuto, grazie alla accoppiata con i compatti obiettivi M (da segnalare il contenutissimo 40 mm 2.8 dallo spessore di poco oltre il centimetro). Nel 1978 un’altra novità fu la presentazione del sistema Auto 110, progettato intorno all’allora diffusa cartuccia 110. Questa minuscola reflex, insieme alla successiva Auto 110 Super, resta l’unica fotocamera 110 con obiettivi completamente intercambiabili.

Nel 1980, ricorrenza dei 60 anni di Asahi, Pentax introduce un modello altamente professionale, LX. L’indirizzo spiccatamente professionale emergeva, oltre che da una accentuata cura costruttiva (guarnizioni antipolvere, antiumidità e antispruzzo), dalla dotazione di una serie completa di accessori professionali per ogni esigenza specifica, tra cui mirini intercambiabili. Utilizzabile sia in modalità totalmente manuale che con la priorità di diaframmi, e dotata di un rivoluzionario sistema esposimetrico sul piano pellicola, di un otturatore in titanio e lettura TTL anche durante l’esposizione (sistema PENTAX IDM: Integrated Direct Metering). Caratteristica notevole del sistema esposimetrico della LX era la capacità di lavorare anche a livelli di luce bassissimi (fino a -6,5EV, un traguardo ancora oggi insuperato). Questa eccezionale sensibilità, unita ad un otturatore capace di arrivare in automatico a parecchi minuti di esposizione, aprì nuove opportunità fotografiche nelle riprese a luce ambiente e nella tecnica di illuminazione “open flash”. La Pentax puntò con questo modello ad affermarsi anche nel settore professionale più avanzato, dopo il successo della MX in quel senso, ampliandone caratteristiche e accessori. Insieme alla LX venne presentata la prima serie di obiettivi “Star”, che grazie all’impiego di speciali vetri ED e/o lenti asferiche garantiva elevata luminosità e prestazioni al massimo livello, per confrontarsi alla pari coi massimi nomi dell’ottica mondiale e dotare la LX di un parco ottiche adeguato alla sua destinazione professionale. Con questo modello la reputazione di PENTAX, in termini di innovazione tecnologica, raggiunse l’apice.

Nel 1981 venne raggiunta la cifra record di 10 milioni di fotocamere prodotte dall’inizio dell’attività dell’azienda. La produzione proseguì con la famosa ME-SUPER (1982) vero cult degli anni ’80. ME “Super” in quanto evolveva la precedente ME introducendo accanto alla priorità di diaframmi anche una modalità interamente manuale (con innovativi pulsanti per la selezione del tempo di scatto), la predisposizione per un motore, e indicazione dei tempi nel mirino mediante led come sulla MX. Questo permise di ampliare la possibilità creative della ME e realizzare un modello intermedio tra amatoriale e professionale in grado di conquistare il mercato dei fotoamatori del tempo alla ricerca di prodotti più versatili ma a prezzi adeguati ad un uso non professionale. La compattezza, le ampie possibilità di uso, e il costo contenuto senza alcun sacrificio in termini di qualità costruttiva, fecero della Me-Super un successo di mercato confermato anche negli anni a venire, rendendo accessibile a molti fotoamatori uno strumento prima ad appannaggio di pochi.
Un ulteriore traguardo pionieristico della Pentax è raggiunto con la ME-F nel 1983, la prima fotocamera reflex autofocus prodotta al mondo. Questa fotocamera disponeva di messa a fuoco TTL, il motore per la messa a fuoco era incorporato nell’obiettivo, così che si potevano montare le ottiche normali, con le quali si disponeva di un’indicazione di corretta messa a fuoco nel mirino. Nonostante la rivoluzionaria innovazione tecnologica, il mercato non rispose in maniera entusiastica alla messa a fuoco automatica, che restò una avanguardia isolata delle macchine successiva generazione. Nel 1983 avviene anche l’introduzione del modello Super A reflex 35mm equipaggiata con una nuova serie di obiettivi predisposti per la priorità dei tempi, identificati dalla lettera A in luogo della precedente M, e l’esposizione programmata. La Super A conquistò il titolo di “Fotocamera Europea dell’Anno” ponendosi come sviluppo in direzione elettronica e multifunzionale della precedente generazione.

Nel 1984 fu introdotta la 645, reflex medio formato (6×4.5 cm) motorizzata, in cui vennero importate le tecnologie introdotte con la Super A anche nel medio formato. Intanto i tempi divennero maturi per la diffusione delle reflex autofocus sul mercato, e nel 1987 PENTAX introdusse la prima reflex della nuova serie SF con motore AF integrato nel corpo fotocamera: la SFX. Questo modello si distingue anche per essere il primo ad incorporare un flash, un’altra soluzione tecnica PENTAX presto adottata da tutti i concorrenti. Per sfruttare il motore interno, sono introdotti i nuovi obiettivi autofocus, denominati serie F, appositamente progettati. Gli obiettivi includono un sistema elettronico ed un contatto per lo scambio di dati digitali con la fotocamera e la trasmissione meccanica della messa a fuoco gestita dalla fotocamera.

Con la reflex semiprofessionale Z-1, nel 1991 nasce una nuova generazione di fotocamere e obiettivi PENTAX. Questa fotocamera dal design più massiccio e morbido, si distingue per l’otturatore che arriva all’ottomillesimo di secondo e il sincro flash a 1/250. L’evoluzione dell’elettronica coinvolge anche il software, permettendo una molteplicità di programmi di scatto e di esposizione e un notevole ampliamento delle funzioni elettroniche nonché delle relative indicazioni nel mirino. I nuovi obiettivi serie FA presentano la novità del Power Zoom (zoomata motorizzata) e un’elettronica ancora più evoluta, che comunica alla fotocamera anche la distanza di messa a fuoco, permettendo l’evoluzione dei programmi di scatto. Questa informazione può essere utile anche per capire il tipo di situazione e quindi regolare meglio l’esposizione a luce ambiente, ma soprattutto per dosare il flash. La Z1 è l’ammiraglia della serie Z che ripartirà tra i modelli di fascia inferiore solo alcune delle potenzialità del modello di punta di indirizzo professionale. Nel 1995 PENTAX torna ai suoi concetti originali, con una serie di reflex AF più compatte ed intuitive, con un design classicheggiante, denominata MZ, ad indicare l’unione tra la filosofia della serie “Miniature” con le tecnologie della serie Z. Il primo modello è la MZ-5, da molti vista come una reinterpretazione moderna della Spotmatic o della MX. È la prima reflex autofocus utilizzabile senza consultare il manuale da parte di chiunque abbia usato una fotocamera classica. Spicca l’utilizzo di una ghiera dei tempi e della compensazione dell’esposizione, soluzione oramai abbandonata, per design e per contenimento dei costi, dalle ultime generazioni di fotocamere, spiccatamente elettroniche. Anche per la serie MZ vengono introdotte nuove ottiche zoom FA più leggere rispetto ai corrispettivi della serie F.

Nel 1997 fu presentata la versione 645N, prima reflex medio formato autofocus. Sempre nel 1997, viene presentato il primo obiettivo della nuova serie di ottiche ultracompatte denominata Limited: un 43mm f/1,9 extrapiatto (pancake) che presenta la vera focale ideale, come perfetta diagonale del fotogramma 24x36mm. Questa serie, ultracompatta, offre anche una qualità costruttiva preclusa alle produzioni del tempo, orientate tutte alla comune e più economica plastica, e strizza l’occhio alle più professionali realizzazioni di ottiche di massimo livello. La qualità ottica è altrettanto elevata e ricercata.

Nel 2000 PENTAX dimostra ancora una volta la propria capacità di innovazione tecnologica, presentando la prima reflex digitale a pieno formato 24x36mm, con l’allora straordinaria risoluzione di 6 megapixel, più che doppia rispetto alla concorrenza dell’epoca. Si tratta del prototipo MR-52, ufficiosamente denominata MZ-D e in seguito nota anche come K-1. Purtroppo alcuni problemi di eccessivo consumo da parte del sensore fornito da terzi, unito ad un costo molto elevato e difficilmente proponibile sul mercato, consigliano di rinunciare all’affascinante e pionieristico progetto di lancio di una reflex digitale professionale Per non vanificare l’enorme lavoro sul corpo macchina, Pentax riesce a riconvertire il prototipo di digitale in una macchina analogica, la MZS, che ad oggi risulta una delle reflex a pellicola 35mm più evolute mai prodotte, ad un prezzo tuttavia proporzionato.

Pentax K10D
Nel 2003 la Pentax commercializzò la sua prima SLR Digitale con il nome *ist D, che usava un sensore CCD da 6 megapixel. Fedele alla sua tradizione la linea reflex digitale Pentax ha mantenuto la compatibilità con le lenti dotate di attacco tipo K e tramite anello adattatore con le ottiche con attacco a vite (M42) e con gli obiettivi dei sistemi 645 e 67.
Nel 2005 fu annunciato un accordo di collaborazione tecnica con la Samsung Techwin. In base all’accordo, Samsung forniva componenti elettronici a Pentax e Pentax forniva tecnologie e prodotti (reflex e obiettivi) a Samsung.
Nell’autunno del 2006 è stata commercializzata la K10D, DSLR da 10.2Mp effettivi,

tropicalizzata (protezione da acqua e polvere) e dotata di un dispositivo antivibrazione interno al corpo macchina che, a differenza delle DSLR Canon o Nikon, agisce direttamente sul sensore CCD e non sull’obiettivo. La K10D è inoltre predisposta per l’utilizzo di obiettivi con messa a fuoco tramite motore ad ultrasuoni (SDM). Nel 2007 la Pentax è stata impegnata solo in una serie di migliorie dei modelli già esistenti, con la K10D Grand Prix e la K100D Super mentre nel 2008 si è passati alla commercializzazione dei modelli successivi: l’ammiraglia K20D e la entry-level K200D. È del 2009 la presentazione della coppia K-7 e K-x, due reflex caratterizzate da dimensioni particolarmente compatte. La K-7 si fa notare per la silenziosità dello scatto,mentre la K-x spicca per la notevolissima resa (basso rumore e ampia gamma dinamica) alle alte sensibilità ISO [2]. Nel 2010, tra la K-x e la K-7 viene presentata la K-r, mentre la posizione di top di gamma del marchio viene occupata dalla K-5, molto apprezzata tra le fotocamere dotate di sensori APS-C[3]. Nel mese di dicembre 2010 è stata commercializzata anche in Europa la reflex di medio formato Pentax 645D da 40 megapixel con sensore CCD di formato 44x33mm, precedentemente disponibile solo sul mercato giapponese. Alla fine del 2013 Pentax presenta la K-3, dotata di sensore apsc da 24 megapixel, la migliore reflex della sua categoria [4]. Con la K3 Pentax si ripropone ancora come innovatrice nel mondo della fotografia introducendo l’inedita caratteristica della simulazione del filtro antialiasing tramite la vibrazione del sensore.
Dopo la K-3 è il turno della K-3 II che riprende molte delle funzionalità della precedente ma con qualche miglioria in più. Adesso, infatti, è possibile creare una versione ancora più nitida dell’immagine sfruttando sempre il movimento del sensore. Questa funzionalità si chiama Pixelshift Resolution. La macchina scatta quattro foto spostando il sensore di un singolo pixel in alto, in basso, a destra e sinistra combinandole in un’unica e più definita immagine. Oltre al Pixelshift Resolution, la nuova ammiraglia APS-C monta anche l’astrotracer ed il GPS di serie[5].

Nel 2016, Pentax annuncia la produzione della nuova entry level k-70 che riprende molte funzioni della sorella maggiore. Troviamo infatti il già citato Pixelshift Resolution, la tropicalizzazione e lo schermo basculante, oltre al pentaprisma e alla doppia ghiera dei comandi[6].

Sempre nel 2016 viene commercializzata la prima reflex digitale full frame che riprende il nome del primo esperimento digitale del 2000 non riuscito: K-1. Tra le innovazioni troviamo dei led guida che aiutano a cambiare le ottiche al buio o a posizionare il corpo macchina su di un treppiede

Proprietà
Nell’ottobre 2007 viene annunciata la fusione con la Hoya Corporation, uno dei principali produttori al mondo, insieme alla tedesca Schott AG, di vetri speciali ed ottici, già presente nel mercato fotografico con i marchi: Hoya (filtri), Tokina (ottiche universali 35mm) e Kenko (moltiplicatori di focale). Tale fusione fa seguito ad alcuni accordi attivi da circa due anni per lo scambio tra le due ditte dei design ottici. Il 31 marzo 2008 Pentax Corporation cessa ufficialmente di esistere come azienda indipendente, confluendo in Hoya Corporation (della quale costituisce la divisione imaging).

Il 1o luglio 2011, con un comunicato congiunto, Hoya ha annunciato la cessione alla Ricoh di

tutti gli asset a marchio Pentax relativi alla produzione di fotocamere, ottiche e accessori, videocamere di sorveglianza, binocoli[8]. La cessione, che secondo il quotidiano giapponese Nikkei ha un valore di circa 10 miliardi di yen (circa 85 milioni di euro)[9], si concluderà ed avrà quindi effetto dal mese di ottobre 2011[10].

Honeywell Pentax H3v
La Asahi esportò la propria produzione negli Stati Uniti sin dagli anni cinquanta ma questi vennero marchiati dall’importatore Honeywell come Heiland Pentax o Honeywell Pentax sino alla metà degli anni settanta. Solo successivamente la marca Pentax Corporation venne impressa negli USA e comunque diversi modelli assunsero una nomenclatura distinta per il mercato nord-americano (serie ZX, serie PZ). Solo pochi modelli vennero invece prodotti in esclusiva per il Giappone, fra tutti la Z-20p, alcune versioni speciali di LX, 645 e MZ-3. In Italia in occasione dei trentacinque anni della collaborazione con la API (allora distributore ufficiale Pentax nel paese) venne prodotta nel 1994 una versione speciale della K1000 (la K1000 Anniversary). Fra le versioni dimostrative meritano inoltre menzione la SFX, la Z1 e la Z10 con calotta trasparente e le famose LX e ME-F.

 

PARTE 2

Pentax PC-313

Il PC-313 è una macchina fotografica del 1991, è un punto di messa a fuoco automatico da 35 mm e scatta una fotocamera compatta di Pentax . Fa parte della serie di PC Pentax di fotocamere.
Usa un obiettivo da 3 mm 35 mm, f / 4,5. La messa a fuoco è automatica utilizzando un sistema di tipo a infrarossi. La distanza minima di messa a fuoco è 1,2 m. Il flash incorporato ha una GN di 10 con un tempo di ricarica di 6 secondi. Il trasporto del film è motorizzato e fa avanzare automaticamente il film. È compatibile con film 100, 200 e 400 ISO. L’alimentazione proviene da due batterie AA.

Pentax PC-313 (1991)

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PARTE 3

PENTAX

La Pentax è una delle più vecchie e prestigiose aziende nel settore fotografico.

Fondata nel 1919 a Tokyo, oggi appartiene invece alla Ricoh che è anche questa giapponese che l’ha acquistata nel 2011 dalla Hoya Corporation.

La Pentax può essere considerata l’azienda che ha maggiormente contribuito  allo sviluppo delle fotocamere reflex: a lei si devono infatti innovazioni come lo specchio a ritorno istantaneo, la misurazione esposimetro punto spot, esposimetro automatizzato TTL,l’esposizione automatica a priorità  dei diaframmi, la reflex autofocus e di intrattenimento antiriflesso multistrato.

Insomma,  la base di tutta la tecnologia che tutti i fotografi( professionisti e non) usufruiscono ogni giorno.

Il PC-313 è un punto di messa a fuoco automatico da 35mm ed è un classico esempio Point e Shooting.

Questi sono dispositivi completamente automatici pensati per essere utilizzati senza nessun problema per le impostazioni.

Con questa macchina Pentax l’utente non ha bisogno di impostare la velocità dell’otturatore o l’apertura, non deve essere consapevole della velocità della pellicola.

La Pentax PC-313 usa un obiettivo da 3 mm 35mm, f/4,5.

La messa a fuoco è automatica utilizzando un sistema di tipo infrarossi.

La distanza minima di messa a fuoco è 1,2m.

Il flash incorporato ha una GN di 10 con un tempo di ricarica di 6 secondi. 

Il trasporto della pellicola è motorizzato e la fa avanzare automaticamente.

È compatibile con pellicola 100,200 e 400 ISO.

L’alimentazione è data da due batterie AA.

PENTAX USATA DA CELEBRITÀ 

La Pentax è stata un brand di macchine  fotografiche  utilizzata da grandi celebrities a partire dagli anni 60.

Le reflex Asahi Pentax erano un vero e proprio fenomeno di costume.

I fotografi più in voga tra le star di Hollywood come Eve Arnold, nella moda come David Bailey e nel glamour come Sam Haskins usavano le Pentax e sono varie le foto che ritraevano(come si vede negli allegati) che ritraggono tutti i membri del celebre gruppo THE BEATLES con in mano Asahi Pentax mentre loro stessi scattano foto. 

Il successo procedeva a pari passo con l’evoluzione tecnica.

Nel 1966 la Asahi Optical aveva prodotto un milione di reflex dalla prima Asahiflex del 1952, e solo in tre anni se ne produssero un altro milione tutto questo dimostrava il grande successo del Brand. 

Alla Photokina del 1968 venne aperta una nuova strada, con la professionale Pentax 6×7.

Questo nuovo modello sembrava una reflex 35 mm ingrandita e si impugnava quasi altrettanto facilmente.

Usava sia pellicole a rullo formato 120 che 220 e fu un immediato successo,soprattutto fra i paesaggisti e fotografi di moda che finalmente potevano avere sul campo una qualità da studio.

La Pentax ha sempre offerto dei modelli di macchine fotografiche estremamente maneggevoli e di facile utilizzo amate sia dal pubblico maschile che femminile.

Il fatto che simboli della modernità come i BEATLES o i divi di Hollywood si facessero fotografare mentre loro stessi scattavano foto e mostravano un interesse che andava al di là della pubblicità mostrava il grande successo e la notevole importanza che aveva questo strumento arrivando a investire ambiti di cultura e anche di propaganda apparendo ad esempio nei giornali ma più di tutto grazie la sua facilità a maneggiarla e al suo costo economico permette anche ad una persona comune di  utilizzarla e sentirsi quindi fortunato a possederla come ai  grandi divi… 

La Pentax è una macchina fotografica che nonostante gli alti e bassi dal punto di vista economico infatti negli ultimi anni è stata venduta alla Ricoh un’altra casa di produzione giapponese è considerata una delle più buone e usata da un gruppo elevato di persone tutt’oggi infatti ogni anno in estate c’è una celebrazione con il PENTAX DAY,l’ultimo è stato celebrato a Viterbo.

[appunti di ricerca] SEIKO YUNON ROYAL II

(Un)Dead Media Project
Articolo a cura di Beatrice Vecchio



PARTE 2

La Royal-II è una macchina fotografica prodotta dalla Yunon Optical Company Limited, realizzata a Taiwan. La società è stata fondata a Pei Tou, nella zona periferica di Taiwan nel 1974. Il marchio Yunon è stato brevettato in America nel 1984; in quell’anno esistevano quattro grandi aziende negli Stati Uniti, che producevano 35mm molto economici. Erano Formosa Plastics Corportation (FPC), Yunon Optical Company, New Taiwan Photographic Corportation (Ouyama 1982) e A.V. Lavec (1978), la quale produceva anche strumenti e attrezzatura da cucina.
Le fotocamere erano tutte diverse, ma gli obiettivi tutti uguali. Ciò può suggerire che (a) le lenti, l’otturatore e l’apertura erano state assemblate da una sola compagnia; oppure (b) questo suggerisce che i componenti sono stati creati da una compagnia e assemblati con gli altri, o (c) le camere erano state ordinate da una compagnia e poi marchiate e distribuite da altri.
Apparentemente, questa compagnia è responsabile per il noto 50mm “new/color optical Lens cameras”, nato nel 1980. Alcuni erano degli omaggi promozionali realizzati con Time Magazine Camera ( http://camera-wiki.org/wiki/Yunon)

Questo oggetto tecnologico è definito come compatto, in quanto la messa a fuoco è automatica così come l’avvolgimento e riavvolgimento. La pellicola ha una misura di 24x36mm e le lenti di 50mm 1:6:3. Le batterie sono di tipo “AA” e la velocità dell’otturatore è di 1/125 sec. La distanza per scattare fotografie va da 3ft a 10ft. Le dimensioni della macchina fotografica sono 163mm (L) x 104mm (H) x 108mm (W). Queste spiegazioni tecniche sono riportate sulla scatola di cartone, mentre le istruzioni sono su un foglio di plastica ripiegato.
Esiste il flash attaccabile, Yunon YN – 14 (made in Taiwan). Le istruzioni per l’utilizzo del flash sono all’interno della scatola, su un piccolo foglio ripiegato. Le batterie sono “AA” tipo pentite, sul dorso del flash c’è un bottone per accendere e spegnere e una piccola lampadina di colore rosso. Sempre sul dorso sono riportate le istruzioni della luminosità del flash.
Riguardo a questa macchina non si trovano testimonianze, scritte e/o orali, o articoli, probabilmente questo dispositivo non ha avuto successo o si potrebbe dedurre che sia una serie di dispositivi a commercio limitato, in quanto esistono anche la Royal I e Royal III.

All’interno della scatola che contiene la fotocamera, ho notato questo foglietto, molto simile a una ricevuta. Ho parlato con mio padre e ho scoperto che questa macchina fotografica era in omaggio qualora ci si iscriveva a dei periodici settimanali della Rizzoli. Perciò, ricollegando il fatto che in America questo dispositivo sia stato un omaggio promozionale, e anche qua in Italia si è adottata la stessa idea di marketing, pur di vendere, le mie ipotesi permangono: la macchina fotografica Royal II è stato un flop oppure è una serie limitata? Per arrivare fino in Italia, come omaggio per una rivista, mi viene da pensare che la prima questione possa essere affermativa. Non mi fermo a questo, però. Ho fatto alcune ricerche e sono capitata su un sito cinese, che ho dovuto tradurre con l’utilizzo di Google Traduttore, e ho notato alcune cose. Il blogger di questo sito cinese parla di averla trovata a casa di un suo padre, durante il Capodanno cinese. Il ragazzo crede che sia impensabile poter padroneggiare questa fotocamera senza una conoscenza di base della fotografia. Anche il blogger si lamenta che su Internet non si trovi alcuna informazione riguardante il dispositivo elettronico, ma c’è solo un manuale sottile all’interno della scatola. Inoltre, afferma che l’utilizzo dei materiali siano di basso costo e che è sicuramente stata una macchina economica, anche perché è una macchina automatica e intuitiva dato che è possibile impostare solo l’apertura del diaframma, ma ciò indiscutibilmente rende l’utilizzo meccanico in quanto i risultati non sono ottimali: l’otturatore è fissato per 1/125 secondi e l’apertura è di soli 6:3. Perciò, la macchina fotografica necessita sicuramente di molta luce per avere dei risultati luminosi e dettagliati. La luce non è sufficiente poiché l’apertura non è abbastanza grande, l’otturatore troppo veloce ed è difficile apportare regolazioni. Da quel che scrive il ragazzo, è possibile scattare solo di giorno, perché sennò lo sfondo diventa nero e le figure vengono opacizzate. Grazie al flash, però, è possibile regolare con cura l’apertura del diaframma, e le fotografie vengono sicuramente più chiare. Il blogger, poi, scrive di aver fatto un ultimo test con questa macchina fotografica prima di chiuderla nuovamente nella scatola poiché per niente soddisfatto: ha utilizzato un film negativo di 100 (gradi?) della Fuji, riportando nel blog le foto scattate e dice che sembrano quasi sbiadite. Afferma che è impossibile mettere a fuoco persone lontane, bisogna stare a una distanza fissa pur di rendere la composizione dettagliata.
Guardando le foto che ha postato sul sito, non sono della sua stessa opinione. Le fotocamere degli anni ’70-’80 hanno indubbiamente la caratteristica di avere un effetto sbiadito, sfocato, e non mi sembra, a mio avviso, così brutale il risultato. Le persone in primo piano si vedono bene, anche quelle in secondo e così via, certamente non è una qualità HD di oggigiorno, ma per essere stata una macchina economica, e un probabile disastro, non mi lamenterei, ma forse è l’amore per il vintage che mi spinge a dire ciò. Il problema della luce è abbastanza ovvio: ancora oggi esistono delle versioni modernizzate di macchine fotografiche vintage, come quelle rivendute dalla lomography.com, che hanno lo stesso identico problema. È la macchina analogica. Non possiamo pretendere molto. In ogni caso, troverò sempre affascinanti questi effetti, queste fotografie, queste peculiarità perché mi portano a tempi che non ho vissuto, provando una certa malinconia, e a quando da piccola usavo le macchine usa e getta e mi sentivo una professionista del settore.

Come ha fatto una macchina fotografica economica cinese arrivare fino agli Stati Uniti d’America per poi distribuirla anche in territorio italiano? Tutto ebbe inizio nel 1971 quando venne inaugurata la cosiddetta «diplomazia del ping pong», cioè l’entrata della squadra americana in Cina per sfidare gli avversari cinesi a ping pong. Il presidente americano Richard Nixon, allora in carica, incontro Mao Zedong, il dittatore comunista, e poi, per ben nove incontri il premier di quegli anni Zhou Enlai. Andò per il meglio e al termine del viaggio venne firmato lo «Shanghai Communiqué», nel quale gli Usa affermavano di «riconoscere una sola Cina e che Taiwan fa parte della Cina». Gli Usa avevano avuto solo rapporti diplomatici con Taiwan, dove si erano rifugiati i nazionalisti dopo lo sconto con i comunisti. Nel 1979 Cina e Usa istituiscono rapporti diplomatici completi, ma per far avvenir ciò gli Stati Uniti interrompono le relazioni con Taiwan, pur impegnandosi a difenderla militarmente dalla Cina. In quell’anno, la Repubblica di Cina, inaugurata nel 1949, aveva iniziato a sostenere la Repubblica Popolare Cinese, tanto che il partito KMT perse il seggio alle Nazioni Unite. Sempre in quell’anno, gli attivisti cercarono di attirare l’attenzione dei media nazionali per contestare sulle condizioni dei cittadini taiwanesi sotto la linea politica dei nazionalisti. La protesta venne repressa dalla polizia.
Nel 1989, la Cina si ritrovò esclusa dal resto del mondo. Il presidente americano Bush decise per le sanzioni contro la Cina, affermando che in un futuro sarebbero tornati a trattare. La Cina si era appena aperta a investimenti e al mercato, e negli Usa avevano compreso l’importanza strategica con la Cina non solo in funzione anti-sovietica, ma anche in tema economico globale. Il mondo del business spingeva per una ripresa delle relazioni, in modo da non rimanere indietro rispetto ad altri Paesi. Passarono dodici anni prima che America e Cina riprendessero relazioni economiche ufficiali e libere. L’importanza storica fu grande: per la Cina si sarebbe trattato del periodo iniziale di una crescita fino a farla diventare tra le più grandi potenze economiche mondiali.

La Royal-II è una macchina fotografica conveniente per persone che non hanno voglia di pensare ad apertura, ISO e altre funzioni fotografiche. Un dispositivo alla portata di tutti, ma che fa venire i brividi ai conoscitori di macchine analogiche. Probabilmente è stata pensata per un ceto basso-medio, per chi è alle prime armi con l’analogico e per chi non ha mai visto una fotocamera. Di fatti non è impegnativa, non è pesante perché di plastica e i lacci sono utili per portarla ovunque si vada. Può essere anche interessante da un certo punto di vista, in quanto i meno esperti possono cimentarsi in un’esperienza nuova e diversa rispetto a quella che si vive ora. L’analogico avrà sempre quel fascino del vintage, di un’epoca passata che vive tutt’oggi, ma naturalmente è molto più complicato che del digitale. I ragazzi, come me, si trovano in una posizione spaesata e emarginata quando si parla di analogico perché è diversa la gestualità, la manualità, dello scattare una fotografia nei confronti di un device digitale. Rimarrà l’interesse per il vintage perché affascina, tiene sospesi in un tempo realistico ma passato, che non si potrà più rivivere, lo charme e il design di un’epoca ormai trascorsa rende un piacere l’immaginazione di scoprire l’uso che se ne faceva e l’oggetto stesso.

Di questa macchina fotografica, purtroppo, non è venuto a galla molto. Non ho trovato numeri di matricola, non ho trovato nessuna pubblicità o articolo a riguardo, ma solo poche recensioni dei nostri giorni o amateur vintage che la vendono per pochi soldi su ebay. Mi sorge sempre più il dubbio che sia stato un totale disastro, in quanto, parlando con mio padre, sono a venuta a sapere che la macchina non ha mai funzionato; forse è questo dispositivo difettoso, chissà. Ho cercato le pile adatte, ho inserito il rullino, ho provato a fare qualche scatto, ma ogni volta che si riavvolge la pellicola si sente un rumore frastornante, come se qualcosa si fosse inceppato all’interno. Mio padre si ricorda di questo rumore, indimenticabile, ti perfora i timpani, e credo proprio che il problema persista. Vedrò di guardare all’interno del dispositivo, come un’operazione di anatomia, ma questo riguarda un altro capitolo dell’inchiesta.

 

 

SITOGRAFIA:
http://camera-wiki.org/wiki/Yunon
http://blog.xuite.net/whitemango/268/11491455
https://flic.kr/p/2VBTmH
https://eastwest.eu/it/opinioni/sogno-cinese/storia-diplomazia-stati-uniti-cina-incontri-presidenti

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PARTE 3

Modulo A 

EREDITÀ EMOTIVA

L’oggetto preso in questione è una macchina fotografica, la SEIKO YUNON ROYAL II. Questo dispositivo mediale è arrivato a me quando, anni fa, avevo la fissazione di collezionare macchine fotografiche ritenute vintage. Sul mobile di camera mia ne conto cinque e la scelta di portare questa come oggetto d’inchiesta è stata spontanea. 

Appartiene a mio nonno paterno; parlando con mio padre, ho scoperto che l’utilizzo di questo oggetto è stato insignificante perché, a quanto pare, non ha mai funzionato a dovere. 

Mio nonno è sempre stato un artista, anche se aveva la testa squadrata da ufficiale militare, però c’era qualcosa dell’arte che lo affascinava. Non credo di aver mai visto fotografie fatte da lui, neanche mi ricordo di averlo mai visto con una macchina fotografica tra le mani, ma quando gli ho chiesto, anni fa, se aveva su qualche scaffale polveroso un qualsiasi dispositivo vintage si era ricordato all’istante di questo. Questa fotocamera non l’ho usata fino ad oggi, un po’ perché non sono brava con l’analogico e un po’ perché so che ci teneva. 

Non essendo stata usata molto, la macchina fotografica è rimasta intatta, senza segni di usura, quasi come se il tempo non l’avesse toccata; forse è per questo che mi ha sorpreso e l’ho scelta. Il tempo che passa, distrugge, genera, fa invecchiare e questa fotocamera, nera come la pece, lucida, è rimasta tale da quando è stata prodotta. Che avesse vinto sul tempo? Mentre mio nonno invecchia e la malattia continua imperterrita, forse il dispositivo mi ricorda tempi in cui l’arte di nonno scorreva ancora nelle vene e l’aria di casa sapeva di note del pianoforte a muro e di acrilici, invece di medicine e di chiuso.

L’ho scelta anche perché non sono mai riuscita a darle un anno preciso. Si vede che non è degli anni 2000, ma mi sono sempre chiesta se fosse degli anni ’70, ’80 o addirittura ’90. Come detto: è senza tempo. 

Modulo B 

INCHIESTA ARCHIVIALE 

La Royal-II è una macchina fotografica prodotta dalla Yunon Optical Company Limited, realizzata a Taiwan. La società è stata fondata a Pei Tou, nella zona periferica di Taiwan nel 1974. Il marchio Yunon è stato brevettato in America nel 1984; in quell’anno esistevano quattro grandi aziende negli Stati Uniti, che producevano 35mm molto economici. Erano Formosa Plastics Corportation (FPC), Yunon Optical Company, New Taiwan Photographic Corportation (Ouyama 1982) e A.V. Lavec (1978), la quale produceva anche strumenti e attrezzatura da cucina.

Le fotocamere erano tutte diverse, ma gli obiettivi tutti uguali. Ciò può suggerire che (a) le lenti, l’otturatore e l’apertura erano state assemblate da una sola compagnia; oppure (b) questo suggerisce che i componenti sono stati creati da una compagnia e assemblati con gli altri, o (c) le camere erano state ordinate da una compagnia e poi marchiate e distribuite da altri. 

Apparentemente, questa compagnia è responsabile per il noto 50mm “new/color optical Lens cameras”, nato nel 1980. Alcuni erano degli omaggi promozionali realizzati con Time Magazine Camera.

Questo oggetto tecnologico è definito come compatto, in quanto la messa a fuoco è automatica così come l’avvolgimento e riavvolgimento. La pellicola ha una misura di 24x36mm e le lenti di 50mm 1:6:3. Le batterie sono di tipo “AA” e la velocità dell’otturatore è di 1/125 sec. La distanza per scattare fotografie va da 3ft a 10ft. Le dimensioni della macchina fotografica sono 163mm (L) x 104mm (H) x 108mm (W). Queste spiegazioni tecniche sono riportate sulla scatola di cartone, mentre le istruzioni sono su un foglio di plastica ripiegato. 

Esiste il flash attaccabile, Yunon YN – 14 (made in Taiwan). Le istruzioni per l’utilizzo del flash sono all’interno della scatola, su un piccolo foglio ripiegato. Le batterie sono “AA” tipo pentite, sul dorso del flash c’è un bottone per accendere e spegnere e una piccola lampadina di colore rosso. Sempre sul dorso sono riportate le istruzioni della luminosità del flash. 

Riguardo a questa macchina non si trovano testimonianze, scritte e/o orali, o articoli, probabilmente questo dispositivo non ha avuto successo o si potrebbe dedurre che sia una serie di dispositivi a commercio limitato, in quanto esistono anche la Royal I e Royal III.

All’interno della scatola che contiene la fotocamera, ho notato questo foglietto, molto simile a una ricevuta. Ho parlato con mio padre e ho scoperto che questa macchina fotografica era in omaggio qualora ci si iscriveva a dei periodici settimanali della Rizzoli. Perciò, ricollegando il fatto che in America questo dispositivo sia stato un omaggio promozionale, e anche qua in Italia si è adottata la stessa idea di marketing, pur di vendere, le mie ipotesi permangono: la macchina fotografica Royal II è stato un flop oppure è una serie limitata? Per arrivare fino in Italia, come omaggio per una rivista, mi viene da pensare che la prima questione possa essere affermativa. Non mi fermo a questo, però. Ho fatto alcune ricerche e sono capitata su un sito cinese, che ho dovuto tradurre con l’utilizzo di Google Traduttore,  e ho notato alcune cose. Il blogger di questo sito cinese parla di averla trovata a casa di un suo padre, durante il Capodanno cinese. Il ragazzo crede che sia impensabile poter padroneggiare questa fotocamera senza una conoscenza di base della fotografia. Anche il blogger si lamenta che su Internet non si trovi alcuna informazione riguardante il dispositivo elettronico, ma c’è solo un manuale sottile all’interno della scatola. Inoltre, afferma che l’utilizzo dei materiali siano di basso costo e che è sicuramente stata una macchina economica, anche perché è una macchina automatica e intuitiva dato che è possibile impostare solo l’apertura del diaframma, ma ciò indiscutibilmente rende l’utilizzo meccanico in quanto i risultati non sono ottimali: l’otturatore è fissato per 1/125 secondi e l’apertura è di soli 6:3. Perciò, la macchina fotografica necessita sicuramente di molta luce per avere dei risultati luminosi e dettagliati. La luce non è sufficiente poiché l’apertura non è abbastanza grande, l’otturatore troppo veloce ed è difficile apportare regolazioni. Da quel che scrive il ragazzo, è possibile scattare solo di giorno, perché sennò lo sfondo diventa nero e le figure vengono opacizzate. Grazie al flash, però, è possibile regolare con cura l’apertura del diaframma, e le fotografie vengono sicuramente più chiare. Il blogger, poi, scrive di aver fatto un ultimo test con questa macchina fotografica prima di chiuderla nuovamente nella scatola poiché per niente soddisfatto: ha utilizzato un film negativo di 100 (gradi?) della Fuji, riportando nel blog le foto scattate e dice che sembrano quasi sbiadite. Afferma che è impossibile mettere a fuoco persone lontane, bisogna stare a una distanza fissa pur di rendere la composizione dettagliata.

Guardando le foto che ha postato sul sito, non sono della sua stessa opinione. Le fotocamere degli anni ’70-’80 hanno indubbiamente la caratteristica di avere un effetto sbiadito, sfocato, e non mi sembra, a mio avviso, così brutale il risultato. Le persone in primo piano si vedono bene, anche quelle in secondo e così via, certamente non è una qualità HD di oggigiorno, ma per essere stata una macchina economica, e un probabile disastro, non mi lamenterei, ma forse è l’amore per il vintage che mi spinge a dire ciò. Il problema della luce è abbastanza ovvio: ancora oggi esistono delle versioni modernizzate di macchine fotografiche vintage, come quelle rivendute dalla lomography.com, che hanno lo stesso identico problema. È la macchina analogica. Non possiamo pretendere molto. In ogni caso, troverò sempre affascinanti questi effetti, queste fotografie, queste peculiarità perché mi portano a tempi che non ho vissuto, provando una certa malinconia, e a quando da piccola usavo le macchine usa e getta e mi sentivo una professionista del settore. 

Come ha fatto una macchina fotografica economica cinese arrivare fino agli Stati Uniti d’America per poi distribuirla anche in territorio italiano? Tutto ebbe inizio nel 1971 quando venne inaugurata la cosiddetta «diplomazia del ping pong», cioè l’entrata della squadra americana in Cina per sfidare gli avversari cinesi a ping pong. Il presidente americano Richard Nixon, allora in carica, incontro Mao Zedong, il dittatore comunista, e poi, per ben nove incontri il premier di quegli anni Zhou Enlai. Andò per il meglio e al termine del viaggio venne firmato lo «Shanghai Communiqué», nel quale gli Usa affermavano di «riconoscere una sola Cina e che Taiwan fa parte della Cina». Gli Usa avevano avuto solo rapporti diplomatici con Taiwan, dove si erano rifugiati i nazionalisti dopo lo sconto con i comunisti. Nel 1979 Cina e Usa istituiscono rapporti diplomatici completi, ma per far avvenir ciò gli Stati Uniti interrompono le relazioni con Taiwan, pur impegnandosi a difenderla militarmente dalla Cina. In quell’anno, la Repubblica di Cina, inaugurata nel 1949, aveva iniziato a sostenere la Repubblica Popolare Cinese, tanto che il partito KMT perse il seggio alle Nazioni Unite. Sempre in quell’anno, gli attivisti cercarono di attirare l’attenzione dei media nazionali per contestare sulle condizioni dei cittadini taiwanesi sotto la linea politica dei nazionalisti. La protesta venne repressa dalla polizia. 

Nel 1989, la Cina si ritrovò esclusa dal resto del mondo. Il presidente americano Bush decise per le sanzioni contro la Cina, affermando che in un futuro sarebbero tornati a trattare. La Cina si era appena aperta a investimenti e al mercato, e negli Usa avevano compreso l’importanza strategica con la Cina non solo in funzione anti-sovietica, ma anche in tema economico globale. Il mondo del business spingeva per una ripresa delle relazioni, in modo da non rimanere indietro rispetto ad altri Paesi. Passarono dodici anni prima che America e Cina riprendessero relazioni economiche ufficiali e libere. L’importanza storica fu grande: per la Cina si sarebbe trattato del periodo iniziale di una crescita fino a farla diventare tra le più grandi potenze economiche mondiali. 

La Royal-II è una macchina fotografica conveniente per persone che non hanno voglia di pensare ad apertura, ISO e altre funzioni fotografiche. Un dispositivo alla portata di tutti, ma che fa venire i brividi ai conoscitori di macchine analogiche. Probabilmente è stata pensata per un ceto basso-medio, per chi è alle prime armi con l’analogico e per chi non ha mai visto una fotocamera. Di fatti non è impegnativa, non è pesante perché di plastica e i lacci sono utili per portarla ovunque si vada. Può essere anche interessante da un certo punto di vista, in quanto i meno esperti possono cimentarsi in un’esperienza nuova e diversa rispetto a quella che si vive ora. L’analogico avrà sempre quel fascino del vintage, di un’epoca passata che vive tutt’oggi, ma naturalmente è molto più complicato che del digitale. I ragazzi, come me, si trovano in una posizione spaesata e emarginata quando si parla di analogico perché è diversa la gestualità, la manualità, dello scattare una fotografia nei confronti di un device digitale. Rimarrà l’interesse per il vintage perché affascina, tiene sospesi in un tempo realistico ma passato, che non si potrà più rivivere, lo charme e il design di un’epoca ormai trascorsa rende un piacere l’immaginazione di scoprire l’uso che se ne faceva e l’oggetto stesso. 

Di questa macchina fotografica, purtroppo, non è venuto a galla molto. Non ho trovato numeri di matricola, non ho trovato nessuna pubblicità o articolo a riguardo, ma solo poche recensioni dei nostri giorni o amateur vintage che la vendono per pochi soldi su ebay. Mi sorge sempre più il dubbio che sia stato un totale disastro, in quanto, parlando con mio padre, sono a venuta a sapere che la macchina non ha mai funzionato; forse è questo dispositivo difettoso, chissà. Ho cercato le pile adatte, ho inserito il rullino, ho provato a fare qualche scatto, ma ogni volta che si riavvolge la pellicola si sente un rumore frastornante, come se qualcosa si fosse inceppato all’interno. Mio padre si ricorda di questo rumore, indimenticabile, ti perfora i timpani, e credo proprio che il problema persista. Vedrò di guardare all’interno del dispositivo, come un’operazione di anatomia, ma questo riguarda un altro capitolo dell’inchiesta.

Modulo C 

ANATOMIA ARCHEOLOGIA MEDIALE 

La Royal-II si presenta con un design semplice, morbido, al tatto piacevole perché il materiale è plastica e il corpo è molto liscio. Ha delle curvature per permettere una presa migliore e una posizione adeguata della mano e delle dita. Il colore è nero, le scritte bianche con diversi caratteri. L’obiettivo non è intercambiabile, sopra di esso c’è una finestrella che si può ruotare; su di essa dei disegni: un sole – soleggiato (apertura otturatore di 16), un sole a metà – poca luce (11), parzialmente soleggiato – quasi buio (8), nuvoloso – buio (6.3). 

Frontalmente si notano due mirini, uno squadrato e uno tondo, quest’ultimo è posto sopra l’obiettivo. 

Guardando la fotocamera da sopra si riconosce il flash, il bottone di riavvolgimento, il bottone di scatto, il vetro con l’avanzamento della pellicola, e poi il lunotto superiore. Molto particolare la decisione di questo lunotto poiché vi è un altro sul dorso della macchina fotografica, sopra la scocca della pellicola. 

La parte inferiore presenta le batterie. 

L’obiettivo al tatto è ruvido per una scelta manuale e di comodità in quanto essendo ruvido rende la presa molto più forte, permettendo così di non perdere la presa. 

Ai lati la macchina fotografica vi sono i ganci per il laccio per portarla al collo.

La scelta del materiale è stata di natura economica: facile da creare e di basso costo. Inoltre, oltre ad essere meno costosa e quindi facile da vendere sul mercato, la plastica è un significante per il commercio in quanto è adatta a tutte le persone. Non si rompe facilmente, non è delicata e non occorre fare particolarmente attenzione a questo materiale. 

Ho cercato di scomporla, ma non ho trovato dei cacciavite adatti e in più, imbranata come sono, non sarei più capace di ricomporla. Aprendo la scocca della pellicola, arriva al naso un odore di chiuso, di plastica e di vecchio. A sinistra lo spazio per il rullino, al centro la pellicola striscia sui dentini che la fanno scorrere per poi essere riavvolta su se stessa. 

SITOGRAFIA:

  http://camera-wiki.org/wiki/Yunon

– http://blog.xuite.net/whitemango/268/11491455

https://flic.kr/p/2VBTmH 

– https://eastwest.eu/it/opinioni/sogno-cinese/storia-diplomazia-stati-uniti-cina-incontri-presidenti

 

[appunti di ricerca] Polaroid

(Un)Dead Media Project
Articolo a cura di Sveva Nistri



PARTE 1

La Polaroid Corporation nasce nel 1937, fondata dallo scienziato e inventore Edwin Land.

Studia a lungo la polarizzazione della luce (durante la Seconda Guerra Mondiale il suo team lavora anche a strumenti bellici, come occhiali per la visione notturna) -> si dice che sua figlia di 3 anni gli abbia chiesto perché le macchine fotografiche non producessero subito le foto -> 1947 nasce la polaroid, al tempo “Polaroid Land Camera” -> enorme successo in tutto il mondo (anche perché molto facile da usare -> spot pubblicitari sottolineano che “basta premere un pulsante”.
A colori -> 1963
Paese di produzione -> USA
Usata da personaggi importanti come Helmut Newton e Andy Warhol.

La Polaroid 1000 è un modello del 1977, uno di quelli di maggiore successo della compagnia. Modello ormai fuori produzione.

Facilmente trovabile su siti come Amazon ed Ebay a un prezzo che varia più o meno da 20 a 100 € -> più rara e quindi costosa la versione con il pulsante verde.


PARTE 2

La Polaroid Corporation nasce nel 1937, fondata dallo scienziato e inventore Edwin Land.
Studia a lungo la polarizzazione della luce, anche a scopi bellici – infatti durante la Seconda Guerra Mondiale il suo team lavora a strumenti come occhiali per la visione notturna.
Si dice che l’idea dietro all’invenzione della macchina fotografica ora nota come polaroid, però, sia dovuta alla figlia di Land, che a 3 anni sembra abbia chiesto perché le macchine fotografiche non producessero subito le foto. È così che nel 1947 nasce la polaroid, al tempo “Polaroid Land Camera”, che subito riscuote un enorme successo non solo in America, sua patria, ma in tutto il mondo. La fama della macchina è dovuta soprattutto alla facilità d’utilizzo, che gli spot pubblicitari esaltano – “basta premere un pulsante”. È un oggetto indirizzato a qualsiasi ceto sociale, dal più ricco al più modesto, perché economico; anche questo fattore è sottolineato dalla pubblicità, che spesso mostra la polaroid in mano a famiglie.

Nel 1963 viene inventata la versione con stampa a colori, che insieme a quella in bianco e nero viene usata da personaggi importanti come Helmut Newton e Andy Warhol.

La Polaroid 1000 è un modello del 1977, uno di quelli di maggiore successo della compagnia, tuttavia ormai fuori produzione.
È facilmente trovabile su siti come Amazon ed Ebay a un prezzo che varia più o meno da 20 a 100 €; i collezionisti si interrogano su quale sia la versione più rara e quindi più costosa, che molti convengono essere la Polaroid 1000 dal pulsante verde.

Per quanto riguarda le pubblicità, ne ho veramente parecchie. Ecco i link:

E queste 3 in francese:

[appunti di ricerca] Yashica FX-3 super

(Un)Dead Media Project
Articolo a cura di Anna Carolo

PARTE 1

Non è stato semplice trovare materiale relativo alla reflex Yashica FX-3 super, infatti le poche informazioni  recuperate ne perlano in confronto al modello che l’ha preceduta, la FX-3, e a quello che  l’ha superata, la FX-3 super 2000.

 

 

Altre informazioni possono essere recuperate da blog personali di utenti che ne hanno posseduta una e hanno voluto condividere sul web la loro esperienza di users:

http://www.ccworld.it/2010/10/la-mia-prima-reflex-yashica-fx3-super/

Per la descrizione, dimostrazione e spiegazione del suo funzionamento tecnico ho trovato due video su Youtube:

https://www.youtube.com/watch?v=XOChaSxuNyA

https://www.youtube.com/watch?v=4FHbO0TWTRI

Per recuperare ulteriori informazioni farò riferimento anche alla storia della Yashica e ai modelli da essa prodotti:

http://www.guidafotousato.it/4-storia_marche/testi/yashica.htm


PARTE 2

Eredità emotiva (ancora modificabile)
L’oggetto che mi trovo a esaminare è una Yashica FX-3 super, macchina fotografica degli anni ’80 appartenuta a mia madre. La macchina le è stata regalata per il compleanno (probabilmente nell’86) da un suo fidanzato, in un primo momento la portava sempre con sè per fotografare un po’ tutto quello che le capitava successivamente divenne compagna di viaggi, gite e scampagnate. L’ha utilizzata per circa una decina d’anni fino a quando non si è rovinata e le fotografie che le restituiva erano “macchiate” (così me le ha descritte). Dopo averla sostituita con una macchina digitale ha voluto conservarla perchè legata a molti ricordi, perchè tutto sommato era ancora in buone condizioni e soprattutto perche è stata la sua prima macchina fotografica che fosse completamente sua, un oggetto che apparteneva solo a lei.

Inchiesta archiviale
Premetto che non è stato facile reperire informazioni sulla Yashica FX-3 super, poichè nella maggior parte dei casi ne parlano in relazione al modello che l’ha preceduta, Yashica FX-3, e a quello che l’ha superata, Yashica FX-3 super 2000.
La Yashica FX-3 super esce nel 1984 mantenendo diverse qualità del modello precedente ovvero una velocità di scatto 1/10000, un valore ISO 12-1600, la messa a fuoco manuale e l’uso di una pellicola 35 mm. Inoltre prevede la possibilità di utilizzare il flash che può essere inserito nella parte alta della macchina e funziona a batterie. Presenta anche dei miglioramenti come l’aggiunta di una presa sulla parte destra che favorisse la tenuta, lo spostamento del misuratore di esposizione vicino al pulsante di scatto e l’indicatore del flash sul mirino (parte che ha bisogno di altri controlli)

http://camerapedia.wikia.com/wiki/Yashica_FX-3

La Yashica FX-3 super 2000 fa la sua apparizione nel 1987, mantiene le stesse caratteristiche estetiche della FX-3 super ma presente una maggior velocità di scatto 1/2000 (2000 da cui prende il nome) e un valore ISO 25-3200.
La Yashica come società vede degli alti e bassi perciò nel 1983 viene acquisita dalla Kyocera Corp., il cui marchio è visibile nei modelli successivi a quell’anno perciò anche nella parte frontale vicino al mirino della Yashica FX-3 super.
Il modello esce esclusivamente in nero, la maggior parte delle componenti è in plastica, presenta un rivestimento in finta pelle e una custodia dello stesso materiale. Modello molto simile e che funziona allo stesso modo è la serie FX-7 che varia esclusivamente per le rifiniture cromate.
L’unico prezzo trovato è quello della prima FX-3 (1979) che viene venduta in Italia per 220.000 lire, e secondo la testimonianza di mia madre il prezzo della FX-3 super si aggirava lo stesso intorno a quella cifra.

Storia della Yashica: http://www.guidafotousato.it/4-storia_marche/testi/yashica.htm

Della FX-3 e FX-7 (e relativi modelli successivi) ho trovato online un PDF con il manuale tecnico e le istruzioni d’uso.

SFOGLIA PDF -> yashica_fx-3_fx-7

Inoltre sono una descrizione esauriente del funzionamento due video trovati su YouTube:

Attualmente online ho trovato sia delle recensioni (anche se per lo più della FX-3 e della FX-3 super 2000) che dei blog in cui gli utenti raccontano la propria esperienza di users:
http://sitoufficialex.altervista.org/recensione-yashica-fx3-super-2000.html
http://www.ccworld.it/2010/10/la-mia-prima-reflex-yashica-fx3-super/
http://mailch.blogspot.it/2012/12/the-users-review-yashica-fx-3fx-7-fx.html
https://asminhascamaras.blogspot.it/2017/05/yashica-fx-3-super-1984.html?m=0

Da questi siti si desume il grande successo che la Yashica FX ha avuto in quegli anni, in tutti i suoi modelli si prestava ad essere una reflex compatta e maneggevole. Le FX non erano di per sè particolarmente costose soprattutto perchè in quegli anni spopolavano le Canon che costavano quasi il doppio. La spesa maggiore stava nella pellicola e nello sviluppo della stessa.
Anche mia madre racconta la sua esperienza di users. Innanzitutto la Yashica FX-3 super offriva una buona qualità d’immagine ma la cosa che davvero le dava soddisfazione era che la riuscita di una buona foto dipendeva anche dall’uso che ne faceva. Per questo motivo un po’ alla volta ha esplorato e imparato a usare le diverse funzionalità che non potè sfruttare a pieno poichè non si è mai procurata un cavalletto. D’altra parte racconta quanta cura ci mettesse nel fotografare perchè se uno scatto non veniva era una foto rovinata e una spesa di pellicola sperecata. Ha paragonato la sua esperienza con l’avvento del digitale che permette meno sprechi, infatti se una foto non riesce bene si può modificare o addiritura cancellare, il digitale permette inoltre di scegliere quali foto stampare mentre un rullino lo si doveva far sviluppare tutto comprese quelle foto che poi avrebbe dovuto buttare.

[appunti di ricerca] Fujifilm Quicksnap 400 Jeans

(Un)Dead Media Project
Articolo a cura di Barbara Desiante


PARTE 1

La Fujifilm Quicksnap 400 Jeans è una fotocamera monouso con 27 scatti a disposizione e flash (con shooting range di 10 ft, circa tre metri).

Il valore ISO massimo è 400: la lunghezza focale dell’obiettivo è 32 mm, l’apertura dell’otturatore f/10: la distanza minima per la messa a fuoco è 3.3, circa un metro. La pellicola è una 35 mm, con tempo di esposizione minimo a 1/125 sec.
Le impostazioni sono automatiche: tutto ciò che dobbiamo fare noi è sbirciare nel mirino per inquadrare un pezzo di mondo, girare la rotellina per avvolgere la pellicola, e scattare. Sviluppate le fotografie dopo aver finito il numero di esposizioni, o superata la data di scadenza del rullino indicata sulla confezione, dovremo poi disfarci del prodotto.

Il suo costo, alla data di uscita di circa 4$, si aggira ora (online) intorno ai 9€. Elogiata per il suo Finder di alta qualità e per l’assenza di ritardo nel flash, questa macchina fotografica, piccola, compatta, leggera e reperibile quasi ovunque, ha consentito per la prima volta a tutti di poter avere dei ricordi materiali delle proprie vacanze senza dover per forza investire in una reflex.

 

 

La storia delle macchine usa e getta risale al 1986, quando Fujifilm lancia sul mercato la Fujicolor Quicksnap: “negli anni ’80”, racconta l’azienda sul suo sito, “anche una fotocamera compatta e relativamente economica costava 40,000¥ (circa 240$) o più”; questo soprattutto per la quantità di componenti e la complessità del loro assemblaggio. “Il 70% dei consumatori”, continua l’articolo, “provò ad un certo punto la frustrazione di aver mancato uno scatto importante perché non avevano una fotocamera con sé”; ora invece l’utente medio aveva la possibilità di scattare in tutta libertà delle fotografie qualitativamente buone in modo facile e veloce.
Infatti, la riduzione dei costi non comporta, per l’azienda, una compromissione della performance del dispositivo.

Il concept della Quicksnap è radicale, e il sito di Fujifilm lo riassume con la formula “lens with a film”; questi i due punti cardine dell’apparecchio, avvolto poi in plastica e carta. Questi materiali venivano poi smaltiti e riciclati attraverso un sistema che faceva capo al marchio stesso. L’azienda apporta poi dei miglioramenti al prodotto, creandone differenti modelli. Le vendite furono da subito altissime: questa fotocamera cambiò in modo incisivio la maniera in cui le persone si rapportavano non solo alla fotografia, ma anche alla realtà stessa: il mondo era ora a portata di scatto.

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PARTE 2


Film with a lens, questo lo slogan con cui la Fujicolor Quicksnap fu lanciata sul mercato nel 1986. Il motto rimarca il concept da cui la fotocamera è nata, ma anche la semplicità delle componenti, che si ripercuote poi nella facilità d’uso, e ha echi di un’altra famosa pubblicità – quella della Kodak Eastman – che recitava “You press the button, we do the rest”. Il principio è fondamentalmente lo stesso: la fotocamera è completamente automatica, l’unico movimento che ci rapporta ad essa è la rotellina che fa avanzare la pellicola e il pulsante di scatto. Questa stessa gestualità, tipica della fotografia analogica, è stata lungamente mitizzata: il clic è in sé qualcosa di iconico e che ci riporta subito dietro l’obiettivo. Certo, qui il rumore è particolare: stiamo premendo plastica, e non metallo. Il materiale ha un ruolo decisivo per definire i punti di forza di questa macchina fotografica: il prezzo, la dimensione, il peso e la disponibilità.

Sul sito di Fujifilm il sottotitolo recita “A world in which everyone can enjoy photography!, e questo everyone include davvero chiunque. Il prezzo, di appena 4$, rende la Quicksnap un prodotto accessibile a qualsiasi classe sociale; unito al materiale, non di lusso, permette di poterla usare anche ai bambini che amano documentare le proprie gite scolastiche, ma che rischierebbero di rovinare l’intoccabile ‘macchina fotografica del nonno’. Tutti la possono usare perché è maneggevole e autoesplicativa: sul retro troviamo le istruzioni, ma non abbiamo nemmeno bisogno di andare a rileggerle; in realtà, serve a malapena essere alfabetizzati. Il ruolo più attivo che abbiamo, in fondo, oltre a fare la nostre fotografie, è quello di portarle da un fotografo a farle sviluppare.
E ancora, tutti possono accederle perché anche laddove non si è potuto portare con sé una macchina fotografica dispendiosa e professionale, basta fare un giro in un supermercato per prenderne un paio e non buttare nel dimenticatoio una piacevole vacanza, che andrà sicuramente a coprire interi album di famiglia da sfogliare in occasioni speciali. Il viaggio è l’occasione perfetta per la Quicksnap, anche perché riduce al minimo il peso e lo spazio di corpi macchina e obiettivi: grande poco meno di una mano, è leggera e la si può infilare in un taschino.
Anche la Kodak punta a questo per la campagna pubblicitaria delle sue macchine monouso, recitando “This picture was taken by someone who didn’t bring their camera”. Il design, in particolare, della Fujifilm Quicksnap 400 Jeans, la rende appetibile a un pubblico giovane, confermandosi vicina alle sue esigenze e sensibile alle sue mode. 

Il grande contesto in cui s’inserisce la tradizione dell’usa e getta è quello del consumismo. Dalle batterie ai rasoi – le lamette Gillette a inizio Novecento sono probabilmente tra i primi articoli monouso che hanno avuto più successo − , dalle forchette in plastica alla carta, molti oggetti di cui ci disfiamo dopo un solo uso sono ancora presenti nella nostra società, e se spesso ci lamentiamo che i nostri dispositivi elettronici ed elettrodomestici, in cui abbiamo investito con tanto impegno, si rompono facilmente, è proprio quella la radice che andiamo a intaccare. Sanità, economicità e praticità sono le caratteristiche principali di questi prodotti. Il problema è tuttavia lo smaltimento dei materiali, a cui Fujifilm ha pensato creando un suo sistema di riciclaggio delle fotocamere.

Certo, al giorno d’oggi, in un’epoca in cui gli smartphone stanno cercando pian piano di soppiantare persino le capacità di una reflex, non è così facile trovare un posto per le fotocamere usa e getta. C’è però qualcosa nella grana − low-quality rispetto al numero di megapixel verso cui stiamo andando – che ancora colpisce alcuni appassionati, magari un po’ nostalgici. D’altronde, è anche la limitazione sul numero di scatti che ci permette di concentrarci meglio su ciò che vogliamo inquadrare e su come vogliamo farlo. Le seconde possibilità sono rare; questo rende le foto più veritiere ancora, più spontanee, a volte più incerte, ma non per questo meno apprezzabili. Scattare con uno di questi oggetti riporta a una certa idea di innocenza, purezza, che  nel Nocevento inverte anche la direzione di altri movimenti artistici nel quadro delle Avanguardie storiche. Alcuni video di esperimenti sociali ci aiutano a ragionare anche su questi concetti: